Il bello deve ancora arrivare

foto di peppe de caro

E’ partita la corsa ai ripari. Mi appoggio al muro della soddisfazione e mi godo una scena ridicola, cruda e reale che sarebbe tanto piaciuta a Fellini: una bella fetta di popolazione che fugge a gambe levate dalla “casa della libertà”. Più che una casa era ormai diventata un grattacielo, che aggiungeva piani su piani ad una velocità stratosferica, e brillava al sole del successo con incontenibile alterigia.

Ma, lo sanno tutti, un grattacielo non può crescere troppo in altezza, che poi si fa instabile, oscilla, si spezza. Soprattutto se costruito su montagne, scusate la finezza, di merda (Peppino Impastato docet. E la citazione è solo per chi la sa cogliere).

E quando un grattacielo sta per crollare, di solito succede che gli inquilini fuggono in tutte le direzioni: c’è chi si lancia dalla finestra, chi corre giù per le scale, chi rimane abbarbicato alle colonne portanti come un koala all’albero, col rischio di ritrovarsi poi nella suddetta merda. E di restarci.

C’è chi fugge ad Hammamet.

Ieri, con il referendum, il grattacielo della libertà si è definitivamente sgretolato, sollevando un polverone tossico di recriminazioni, ipocrisie, brutalità televisive somministrateci dalla tv pubblica e privata.

Gli inquilini del grattacielo, quelli che sono riusciti a mettersi in salvo, mi piace ora pensarli stipati in un posto che immagino come uno di quei vecchi fortini da far west: fradicio, logoro, con spifferi da tutte le parti, un po’ unto, stretto:

“Fatti più in là” – “Cazzo, spostati!” – “Ahia! Mi hai pestato un piede.”

E naturalmente tra le lagne e le preoccupazioni si discute animatamente per attribuire le colpe della disfatta a questo e a quello. Qualcuno guarda fuori dalle finestrelle claustrofobiche alla ricerca di alleati, qualcun altro in un angolo attende la fine, tra gli strepiti dei presenti.

Come ogni fortino che si rispetti anche questo ha le feritoie, da cui i nostri sopravvissuti spareranno i pochi colpi rimasti; così ci toccherà sopportare ancora per un po’ il fuoco incrociato di invidie, bugie, accuse sempre più inviperite.

Ho osservato con attenzione ciò che è accaduto all’indomani della disfatta del Governo, che ieri schiacciavamo col piede come si fa con gli scarafaggi, al grido liberatorio di “SI! SI! SI! SI!”, ed ho buttato un occhio a ciò che accadeva in contemporanea intorno a me, ossia la disfatta di un candidato a Sindaco che i Vittoriesi hanno scelto di allontanare come si allontanerebbe una fastidiosa zanzara estiva che ti ronza insistentemente intorno. Proprio come quelle zanzare che spuntano dal nulla, all’improvviso, e non spariscono fin quando non trovi il metodo giusto per dormire tranquillo.

Reazioni in entrambi i casi visibilmente esasperate/disperate:

Reazione n.1: Contatti di Facebook che riempiono status, post e note delle loro grida di dolore:

“Adesso sono cazzi vostri!”

“Avrete le bollette dell’acqua e del gas più salate dell’universo!”

“Boh. Tanto…abbiamo centrali nucleari sparse in tutta Europa. Boh. Cosa cambia? Boh.”

“Invoco il legittimo stordimento.”

“E’ tutta colpa di Celentano!” (o di Santoro, Floris, Saviano, Gabanelli, Crocetta, i Casalesi. A piacere)

“Attendo disperatamente che, passati i festeggiamenti, qualcuno si lamenti del sindaco per poter finalmente liberare tutti i miei TE L’AVEVO DETTO! LADRI!”

“E adesso? Con chi sto?!”

“Governo Ladr…ooops.”

“Ho visto al seggio un gruppo di bambini delle elementari che la maestra, comunista, aveva nascosto negli armadietti della scuola per tirarli fuori al momento opportuno costringendoli a votare per Nicosia. Ciò mi pare irregolare e denuncerò tutto alla Procura!”

Reazione n.2: Contatti di Facebook che blindano le bacheche, per impedire a chicchessia di commentare le sopracitate grida di dolore. Atteggiamento, questo, palesemente figlio di quel “popolo della libertà” che ha insegnato per anni ai suoi figli che il contradditorio non è cosa buona e giusta, che non si usa discutere faccia a faccia con l’avversario  (se non si è sufficientemente prepararti si rischia di fare figure di merda), che si risponde alle domande solo se queste sono state concordate in precedenza con l’interlocutore.

Reazione n.3: Giornali e Tg imbizzarriti, che grondano accuse e demagogie. L’ultima? Un simpatico articolo de “Il Giornale” di Sallusti (questo, tra l’altro, appena colpito da provvedimento di sospensione dall’Ordine dei Giornalisti, con mio grande rammarico.) che accusa Pisapia di partire già col piede sbagliato, e tra le righe suggerisce ai cittadini milanesi di iniziare a preoccuparsi degli eco-comunisti che hanno preso in mano la città.

Il fatto? Semplice: il neo-assessore Maran, in linea con le direttive europee sull’inquinamento ambientale, istituisce un eco-pass a pagamento per entrare in centro con l’automobile.

L’articolo titola “Pisapia: più tasse per tutti”, in realtà il titolo sarebbe “Pisapia, più civiltà per tutti”, ma questo vallo a spiegare ai redattori del noto quotidiano milanese.

Ancora più difficile spiegare loro come nelle maggiori città europee si va in giro in bicicletta, si pagano tasse alte con la garanzia che quei soldi serviranno a tenere la città pulita e organizzata, si cammina moltissimo, si usa il car-sharing, il taxi-sharing, i mezzi pubblici. E non si va dal salumiere sotto casa in automobile.

Reazione n.4: Fingere di ignorare l’accaduto, alias Fare lo gnorri, alias Fare il finto tonto, alias Soprassedere.

Un po’ come il Vespone nazionale che ieri sera, a Porta a Porta, si interrogava sulla sorte di Sarah, Melania, e i mille morti ammazzati degli ultimi vent’anni.

Beh, un po’ come Emilio Fede (il cui vero cognome è in realtà Fedele) che nel commentare, affranto, i risultati del referendum, glissava sapientemente sul legittimo impedimento, dimenticando di citarlo per non incorrere in un Legittimo Mancamento.

Reazione n.5: La reazione numero cinque è quella ancora in itinere, in via di svolgimento, e consiste in quanti, muti e chiusi nel loro dolore, girano e rigirano tra le mani il cartellino di “Incardona Sindaco” (che fino a poche ore prima portavano appeso al collo con fiero portamento), riflettendo sulle prossime mosse da attuare per cercare comunque di ottenere qualcosa dall’attuale amministrazione.

Come sempre in questi casi, assisteremo nei prossimi mesi a ripensamenti, marce indietro, voltafaccia e cambi di bandiera repentini.

E sappiamo che colui che muta faccia col mutare degli umori elettorali non necessita delle nostre sassaiole, poiché si punisce già da sé, girandosi e rigirandosi tra le spine e i fuochi ardenti della vergogna perpetua, come nel contrappasso dantesco.

Reazione n.6: La più bella, quella che non ha bisogno di commenti, ci fa sorridere e ci regala momenti di vera ilarità è: “Abbiamo vinto comunque!”

E in tutto questo, mentre Incardona si congratula con Nicosia per la vittoria conseguita, il nostro Aiello cosa fa?

Io lo immagino come un novello Fantozzi, che si pesta un dito col martello e trattiene le urla finchè in presenza di uditorio, per poi liberarsi del fardello quando, finalmente solo, può farlo.

Il bello, ve lo assicuro, deve ancora arrivare.

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